Cento – La quetione “Salva Banche” che in queste ultime settimana sta tenendo banco nel panorama economico /finanziario italiano, purtroppo, colpisce pesantemente il nostro territorio causa il coinvolgmento della Cassa di Risparmio di Ferrara essendo la Carife una della quattro banche salvate dal descreto cosidetto “Salva Banche ” ma che ha lasciato con un pugno di mosche in mano tanti clienti che avevano investito in obbligazioni supportinate o azionisti che loro malgrado si sono visti azzerare di punto in bianco il valore del loro investimento in una banca di cui, casomai, da anni era il puntodi riferimento di tutta la Famiglia. Questo clima di “caccia alle streghe” danneggia chi non centra nulla con il dafault di Carife, Banca Marche, Popolare Etruria e CariChieti e ha in conti in ordine dentro ai parametri di sicurezza. In questa situazione incandescente Il Presidente della Cassa di Risparmio di Cento Carlo Alberto Roncarati, preocupato per la continua polemica alimentata da chi dice che piccolo “non è più bello” e certi istituti piccoli col tempo spariranno. Prende carta e penna e in una lettera aperta cerca di tranquillizzare la clientela di CariCento riguardo la solidità della Istituto Bancario centese aiutato in questo citando autorevoli commenti e spezza una lancia a favore delle piccole banche. In questa lettera dice:
“La polemica innescata dal Decreto 183 relativo alle quattro banche “salvate” dall’intervento governativo non accenna a spegnersi. I sottoscrittori di obbligazioni subordinate, ma anche gli azionisti che hanno visto azzerato il valore dei loro titoli – in particolare quelli di Carife, che avevano assaporato la possibilità di essere destinatari di una soluzione meno penalizzante – sono sul piede di guerra e le turbolenze, anche politiche, che ne sono scaturite chiamano in causa il Gotha istituzionale: Governo, Banca d’Italia e Consob, nonché genericamente tutti coloro che hanno avuto un ruolo in questa amara vicenda. Fra attacchi e contrattacchi, le tesi a confronto sono sostanzialmente due. Quella sostenuta dall’Esecutivo, secondo il quale “non si poteva far meglio”, contro quella che invece critica una decisione che è parsa dettata dall’eccessiva subalternità all’Europa germanocentrica. I sostenitori di quest’ultima, il presidente dell’ABI Patuelli in testa, lamentano un trattamento differenziato e non equanime a danno delle banche italiane che in effetti è sotto gli occhi di tutti. Come si risolverà la questione ancora non è dato sapere, ma le speranze che ci sia un ravvedimento, quantomeno circoscritto agli obbligazionisti, non sono state del tutto accantonate. In questa situazione davvero problematica, inserita in un contesto macroeconomico che vede l’Italia ancora lontana dalla ripresa arrembante che tutti vorrebbero toccare con mano, va aumentando la preoccupazione dei clienti, ancorché non direttamente coinvolti nelle svalutazioni azionarie ed obbligazionarie. E crolla ai minimi termini la fiducia nelle banche, anche verso quelle assolutamente estranee a comportamenti censurabili. Si va facendo strada, oltretutto, una paura irrazionale – e come tale difficile da contrastare – che conduce a privilegiare i rapporti con le banche grandi le quali, secondo l’immaginario collettivo, per la loro “rilevanza sistemica” non possono fallire. Mentre, al contrario, le banche piccole vengono ritenute, a prescindere, troppo esposte a rischi di default, anche perché – forse per uno stupido quanto vigliacco spirito di rivalsa – c’è chi soffia sul fuoco, preconizzando che tutte le banche minori di questo Paese (e di questa provincia) prima o poi saranno destinate a sparire. Anche se, come sostengono accreditati esperti e come ha scritto, fra gli altri, Guido Salerno Aletta in un bell’articolo pubblicato su “Milano Finanza” del 24 dicembre, questa tesi non ha alcun fondamento. Quello che vale per le banche sono soprattutto robustezza e capitalizzazione. E sono gli indicatori di presidio dei crediti deteriorati, che numerose banche piccole hanno persino migliori di tante fra le grandi. Ed è esattamente quello che noi della Cassa di Risparmio di Cento stiamo dicendo da tempo allorché, in assoluta trasparenza, ci preoccupiamo di rendere noti i dati caratteristici del nostro bilancio. Certo, essere piccoli comporta indubbi svantaggi in termini di disponibilità finanziarie (e della marginalità che ne deriva) nonché di incidenza più elevata sul complesso dei costi aziendali riconducibili ad una regolamentazione che non fa distinzioni fra grandi e piccoli, ma il modello della banca del territorio, per la flessibilità e la conoscenza profonda delle varie realtà che vi operano, non può dirsi superato. Anche perché Finestra indirizzo (rimuovere se non utilizzata) quello che nei rapporti banca-cliente conta davvero più di ogni altra cosa, pur nella società sempre più tecnologica di oggi, è il rapporto umano. Diretto, veloce e capace di comprendere le esigenze di chiunque, privato od impresa che sia. Capace, al di là della complessità dei moduli e dei tecnicismi, di spiegare adeguatamente natura e ragioni delle operazioni che si eseguono o si propongono nell’interesse del cliente. Capace di rassicurare l’interlocutore mettendoci “la faccia”. E’ quel tipo di rapporto che, senza enfasi né proclami, ci sentiamo di garantire a chi è già cliente e a chi vorrà diventarlo, perché per noi la Fiducia una cosa seria. (Il Presidente Carlo Alberto Roncarati)