CENTO (FE) 25708/21 (DI IRENE FINI) PER “IL PUNTO DI VISTA DI IRENE”, IRENE ANALIZZA L’OPERATIVITA’ DI ANNIBALE CARRACCI E COME FU APERTO A NUOVE ESPERIENZE ARTISTICHE UN VILLANO A TAVOLA: IL MANGIAFAGIOLI DI ANNABILE CARRACCI!
Se nella Roma del primo Seicento, Caravaggio dettava legge in campo artistico, a Bologna circa
negli stessi anni, operava già Annibale Carracci (1560 Bologna – 1609 Roma). Noto anche per il suo
temperamento irruento, ma sempre pronto ed aperto a nuove esperienze artistiche, Annibale
Carracci fu uno dei più grandi riformatori nella storia della pittura, non solo emiliana ma anche
italiana. Insieme al fratello Agostino (1557-1602) e al cugino Ludovico (1555-1619), poco più che ventenne,
Annibale aveva fondato a Bologna l’Accademia degli Incamminati; nome che rimarcava il senso
del percorso che ogni allievo doveva compiere, qualora volesse maturare artisticamente. A
differenza però dell’Accademia del Disegno di Firenze o di San Luca a Roma, l’accademia
carraccesca non ebbe mai quel carattere di ufficialità tipico delle grandi scuole pubbliche del tempo.
Così i Carracci, rifiutandosi di insegnare dottrine e principi teorici nel dipingere, si posero
immediatamente in forte polemica nei confronti della cultura manierista, cercando di sollecitare i
propri discepoli ad esercitare la pratica dello studio dal vero. Ecco perché per i Carracci fu
fondamentale l’allenamento della mano nel disegno. Tutti questi elementi, si ritroveranno poi,
quando il giovane Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, si ritroverà presso la loro bottega.
Annibale esordì a Bologna dipingendo scene di genere, ovvero immagini tratte dal quotidiano che
vedono come protagonisti personaggi comuni. E fu proprio tra il 1583 e il 1584 che egli dipinse una
serie di opere che, ancora oggi, si inseriscono a pieno titolo nel filone così coraggiosamente
naturalista. Attualmente conservato presso la Galleria Colonna, il “Mangiafagioli” (olio su tela, 57 x 68 cm),
riprende un soggetto di ascendenza fiamminga e francese. Un giovane popolano viene rappresentato
dal pittore bolognese intento a mangiare voracemente una zuppa di fagioli, mentre con la mano
sinistra, ancora sporca di terra, agguanta un grosso mezzo di pane. Il brodo cola dal cucchiaio, le
unghie sono ancora nere, e lo sguardo si alza, quasi come se avessimo interrotto il suo pasto. La
tavola è imbandita da una sobria natura morta: assieme al pane e alla scodella di fagioli notiamo un
piatto con della pizza rustica farcita con verdure e un bicchiere di vino bianco. Ma notiamo
attentamente la precisione nella realizzazione del vetro del bicchiere: è una straordinaria attenzione
nella resa del dettaglio proprio dovuta grazie al continuo allenamento della mano. Lo studio attento
di ogni dettaglio, si evince dal disegno eseguito dallo stesso Annibale a matita rossa su carta (foto),
conservato oggi presso Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi (timbro in basso vicino al
piatto). Nel disegno, che non è preparatorio all’opera finale, Annibale raffigurò un ragazzo che
mangia, studiando attentamente la posa della mano con il cucchiaio; anche se la disposizione
cambia, la tavola è pressoché la stessa, da cui emerge un acuto lavoro concentrato nella
realizzazione della natura morta. Aguzzando la vista, si noti come in basso a sinistra c’è anche un
simpatico gattino. Annibale Carracci, quindi, non fu soltanto un artista di eccezionale talento, ma anche un pittoredalla straordinaria energia inventiva. La sua pittura composta, rigorosa, equilibrata ma anche
elegante, si pose in netto contrasto come un’alternativa non solo all’intellettualismo
tardomanierista, ma anche al prepotente naturalismo posposto da Caravaggio.