CENTO (FE) 11/07/21 – ( DI IRENE FINI) IL PUNTO DI VISTA DI IRENE IN QUESTA PUNTATA OSSERVA LEONARDO. PUNTO DI VISTA DIVERSO: L’ANNUNCIAZIONE DI LEONARDO DA VINCI!
Come spesso accade quando si analizzano opere finite e non finite di Leonardo Da Vinci, anche
dell’Annunciazione non si sa molto sulla sua committenza. È quasi certo invece che l’opera, una
tempera mista a olio su tavola, possa essere databile intorno al 1472 e che, dalla Chiesa di San
Bartolomeo ad Orvieto, giunse nel 1867 agli Uffizi, dove tuttora è conservata. Così come nella
“Dama con l’ermellino”, “Adorazione dei Magi” e “Vergine delle Rocce” (due versioni), anche
nell’Annunciazione, Leonardo si rivela nuovamente più che artista, un vero e proprio uomo di
scienza. La scena sacra viene ambientata per la prima volta all’esterno: infatti, nell’iconografia tradizionale, l’incontro tra l’Angelo e la Vergine Maria avviene solitamente all’interno di un ambiente chiuso e domestico; qui, invece, fa da cornice e sfondo un paesaggio dilatato verso l’orizzonte, in cui si
riconosce il tipico esempio di prospettiva area, a cui fa da filtro la sequenza di alberi in controluce,
dai profili nitidi e variati. La montagna stessa sfuma progressivamente i suoi contorni e colori verso l’infinito dell’orizzonte. Il prato, dipinto meticolosamente dalla mano consapevole dello scienziato-
artista, risulta particolarmente variegato e diverso: proprio come in natura, ogni filo d’erba non è mai uguale all’altro. Tutto contribuisce ad un marcato senso prospettico che viene accentuato anche
dallo scorcio architettonico sulla destra, dietro alle spalle di Maria: un palazzo costruito in pietra
serena, tipico materiale fiorentino, che ci mostra una porta aperta sulla camera da letto.
L’Angelo è appena atterrato: le sue ali, accuratamente e dolcemente dipinte (d’altronde lo stesso
Leonardo scriverà successivamente il famoso trattato sul volo degli uccelli), sono ancora spiegate
per il volo. Il suo arrivo, generando dell’aria, muove le pagine del libro, che Maria tiene ferme, con
le sue lunghe e affusolate mani, per non perdere il segno. L’Angelo si inginocchia di fronte alla
Vergine benedicendola, ma si noti come lei non sia sconvolta dalla notizia della futura gravidanza;
al contrario, mostra uno sguardo fermo e consapevole. L’abbondante panneggio che descrive le
vesti dei due personaggi sacri sono stati studiati attentamente da Leonardo.
Egli, infatti, nei suoi numerosi studi preparatori (foto) analizzava le pieghe dei manti bagnati per comprenderne il loro andamento. Anche Donatello era stato incuriosito dallo studio dell’effetto di un panno bagnato, ma lì, le pieghe erano un po’ rigide e cartonate. L’ara su cui è appoggiato il leggìo è un omaggio al suo maestro Andrea del Verrocchio che negli stessi anni stava realizzando il Sepolcro di Piero e Giovanni de’ Medici; mettendoli a confronto troverete la somiglianza. Attraverso uno sguardo attento, si noti come la distanza tra la Vergine e il leggio sia molto marcata e che addirittura il braccio di Maria risulti sproporzionato rispetto al corpo. Inizialmente, questo dettaglio fu attribuito ad una leggerezza causata dalla giovane età di Leonardo (20 anni). In realtà, il giovane artista, già consapevole e attento studioso, pone un diverso punto di ammirazione dell’opera; infatti, la composizione deve essere guardata non centralmente, ma, spostandoci dal punto di vista di Maria, da destra verso sinistra. Andamento tra le altre cose tipico non solo della scrittura di Leonardo (da destra verso sinistra), ma del suo tratto definito “sinistrorso”. Ancora una volta, quindi, il giovane scienziato e artista ci offre un punto di vista diverso e del tutto innovativo.