CENTO (FE) 28/03721 – ( DI IRENE FINI) “ARTE IN PILLOLE DI IRENE” OGGI TRATTA CARAVAGGIO …. OLTRE LE REGOLE: IL BACCHINO MALATO DEL CARAVAGGIO!
Come “Il Ragazzo con canestro di frutta” (1593-94 ca. olio su tela, Roma, Galleria Borghese) anche
la tela del “Bacchino Malato” (1592-93, olio su tela, Roma, Galleria Borghese) proviene dal quel
gruppo di opere che nel 1607 furono confiscate al Cavalier d’Arpino, dopo l’inverosimile
incarcerazione per possesso illegale di archibugi. Il sequestro fu organizzato dal Cardinale Scipione
Borghese, nipote di Papa Paolo V, poiché mosso dall’invidia e dalla brama di voler allargare la sua
collezione e di voler possedere le più grandi opere.
A quelle date, Michelangelo Merisi (1571-1610) detto anche il Caravaggio, seppur per alcuni visto
troppo rivoluzionario, era un artista molto quotato e ricercato dai più grandi committenti romani e
non solo. Caravaggio fu un artista colto e consapevole, che ambiva a rivendicare la libertà di
espressione soffocata dagli schemi della Controriforma e del tardo Manierismo romano. Ecco
perché egli oppose con fermezza alle fisionomie nobili e belle della pittura tardo-manierista quelle
vere, di gente comune e di strada. Michelangelo Merisi fu definito anche “Pittore maledetto”, a
causa dalla sua vita travagliata e avventurosa, a tratti estrema. Sta di fatto che egli con la sua arte e
le sue idee “oltre le regole” influenzò tradizioni anche non italiane e lontane nel tempo.
I suoi soggetti, come appena definito, rappresentano quindi volti comuni, mostrando fisionomie di
strada; ne sono esempio concreto il “Ragazzo morso da un ramarro” oppure “La morte della
Vergine” e tanti altri, tra cui anche il “Bacchino malato”.
Quest’ultimo tratta di una raffigurazione di tipo allegorico non propriamente tradizionale. Il
soggetto, infatti, pur essendo ornato con gli attributi tipici del Dio del Vino (uva e corona di vite),
viene ritratto dal Caravaggio con estremo realismo tanto da mostrarci ogni singolo dettaglio
anatomico. Anche la posa del corpo è totalmente inusuale: il giovane si rivolge allo spettatore a tre
quarti, mostrando fra le mani un naturalistico grappolo di uva bianca. Il grappolo si pone in netto
contrasto con il suo incarnato ceruleo e insalubre. La domanda sorge spontanea: ma perché questa
scelta cromatica? Secondo la critica si potrebbe individuare nel soggetto un plausibile autoritratto
dell’artista, riferendosi al suo ricovero presso l’Ospedale della Consolazione di Roma, per
circostanze non meglio definite.
Il suo costante amore per la verità viene qui esplicato nell’analisi del corpo umano in questa
condizione di salute precaria. Aguzzando la vista, anche dei chicchi d’uva del grappolo sono dipinti
nel loro pieno deterioramento, simbolo dell’incertezza della vita.
Da grande ritrattista, Caravaggio non si risparmia neppure nella realizzazione di questa espressione
contratta. Le labbra sono socchiuse e lo sguardo è spento. Ma questi enormi occhi neri, se si osserva
con più attenzione, sono profondi e intensi. È uno sguardo fermo e carico di consapevolezza. La
consapevolezza di essere un artista rivoluzionario del tardo Cinquecento e dei primi anni del
Seicento; deciso e determinato nelle sue scelte stilistiche andando spesso e volentieri contro tutto e
tutti.